ZES Unica: le scelte utili per il Sud. Oggi a Napoli il seminario

Si tiene oggi a Napoli, a Palazzo Du Mesnil, a partire dalle ore 9, un seminario su “Zone Economiche Speciali: stato di attuazione, criticità e potenziale inespresso tra ritardi e riforme” a cui parteciperanno il Presidente della SVIMEZ Adriano Giannola e il direttore Luca Bianchi. Di seguito pubblichiamo un articolo a firma di Adriano Giannola di oggi su Il Mattino.
La ZES unica del Sud muove i primi passi tra ritardi incertezze – e contraddizioni. Cerchiamo di non perdere di vista quanto si può fare, immediatamente, per dare un’anima a quel Piano per il Sud annunciato nella legge, che prevede il Piano strategico della ZES unica da adottare entro il 31 luglio di quest’anno con decreto del Presidente del Consiglio. Tutti d’accordo a parole, in attesa dei fatti e ancor prima delle intenzioni, sulla vocazione mediterranea del Sud (hub energetico, polo logistico, correlazioni spurie con il Piano Mattei). Meno evidente la convinzione che, per rimettere in marcia le aree meridionali, sia decisivo scommettere sulla logistica a valore interpretata soprattutto come strategia di sistema, articolata in porti e retroporti, attrezzati e fortemente favoriti dai privilegi fiscali delle Zone Doganali Intercluse gestite in coordina-mento, e non da Roma, dalle competenti Autorità Portuali. Le potenzialità della ricca struttura portuale del Mezzogiorno vanno rapidamente adeguate, attrezzandole con l’indispensabile struttura logistica del sistema retroportuale. Ciò per realizzare il salto funzionale necessario a rendere possibile quel new manu-facturing che consenta di lavorar una sempre maggior quota dei container e quindi di superare il ruolo fin qui prevalente di un puro transhipment che provvede a redistribuire container. E un salto di qualità operativa indispensabile per incrementare il valore aggiunto prodotto in quei porti per unità di traffico sia su scala nazionale sia nell’attività di riesportare, in esenzione di imposte, i prodotti. Lo sviluppo di questa fase è decisiva per rendere effettivamente Speciale la Zona portuale. È la scommessa da vincere rapidamente, alla grande, con Gioia Tauro, Taranto, e domani con Augusta Catania. La base per produrre effetti ed impatti progressivi sulle economie territoriali del sistema delle ZES-vere, la cui funzione, nella fattispecie, è di collegare la valorizzazione industriale alle potenzialità dell’agro-industria pugliese-calabro-siculo-lucana, condizione per aggiungere valore alla pura o prevalente funzione di transhipment. A rendere ancor più urgente e necessaria, oltre che strategica, l’evoluzione delle ZES portuali meridionali, giunge la notizia che la regolazione dei proventi dello sdoganamento dei container sbarcati a Gioia Tauro ed inoltrati a destinazioni del Nord attraverso il primo fast corridor – Gioia Tauro, interporto di Bologna-non sarà appannaggio del porto calabrese ma del destinatario, evidenziando per il Sud una significativa perdita di valore aggiunto. Il tema merita un’attenta valutazione se davvero si intende fare la regia del Piano strategico della ZES unica del Mezzogiorno, specie nella prospettiva della Autonomia Differenziata. La sequenza logistica si integra e alimenta l’enorme opportunità complementare, negligentemente tuttora trascurata, di implementare rapidamente le transizioni sostenibili traguardate al 2030 e 2050 con le due Autostrade del Mare “Catania-Genova, CataniaTrieste” che, auspicabilmente, dovrebbero trovare posto in prima fila nell’annunciato Piano strategico della ZES unica del Sud. Anche in questo caso i porti sono attori e fondamentali fattori abilitanti. L’intermodalità, sostenibile attraverso il mare è, ai nostri fini, enormemente più rilevante della via del ferro, come l’esperienza del Nord Europa, e in particolare quella tedesca, insegna. Essa è rapidamente attivabile nel sistema integrato portuale nazionale ed inter-mediterraneo ed è progressivamente in grado di subentrare al trasporto su gomma con un enorme abbattimento di emissioni inquinanti, pur in costanza di regime energetico fossile, tanto più in previsione di flotte mosse da energie rinnova-bili. Gli operatori italiani, meridionali in particolare, sono tra i principali protagonismi di quel mercato. Questa sistematica la nazionalizzazione è la precondizione per sdoganare il Sud e con esso l’intero sistema portuale nazionale quale primario polo logistico intra ed inter-mediterraneo europeo; l’obiettivo di prospettiva è un razionale e quanto mai opportuno ribilanciamento Mediterraneo dell’intero sistema logistico europeo. Sul piano della complessa definizione e coordinamento del progetto che la Cabina di regia unica dovrebbe elaborare, la SVI-MEZ conviene che la scelta del Governo di concentrare a Roma tutte le decisioni è utile per semplificare il coordinamento e la tempestività degli interventi, a condizione che la natura ministeriale della Cabina di Regia superi la difficile prova della distanza e del rischio burocratico e abbia ben presente obiettivi e strumenti. D’accordo a calare in un orizzonte logistico-territoriale chiaramente definito una strategia di politica industriale attiva e selettiva centrata su filiere strategiche già insediate nel Mezzogiorno, accompagnata dagli strumenti agevolativi messi in campo. Al momento, però, per il Credito d’Imposta si stanno accumulando ritardi. Il bilancio 2024 ha stanziato 1,8 miliardi per investimenti che dovrebbero essere fatti entro il prossimo 15 novembre. Per farli partire servirebbero almeno il decreto attuativo e le istruzioni operative dell’Agenzia delle Entrate. È da apprezzare la scelta del Governo di introdurre un bonus pari al 100% dei contributi previdenziali dovuti per chi fa nuove assunzioni a tempo indeterminato nella ZES. Ma non dimentichiamo che proprio in questi giorni il ministro Fitto ha annunciato che la decontribuzione Sud al 30%, terminerà a giugno. Ciò perché l’Unione Europea non consente palesi violazioni strutturali delle regole sulla concorrenza, tanto più ora che finanzia il PNRR. Si aprirà una trattativa, avremo deroghe temporanee ma la sostanza non cambia. Esattamente come avvenne per la fiscalizzazione integrale degli oneri sociali negli anni ’80 per la quale la Commissione impose nel 1994 l’accordo Van Miert – Pagliarini. La SVIMEZ ritiene opportuno precisare che il Mezzogiorno è area unica a fiscalità differenziata fin dagli anni ’50, nonostante il mutar delle stagioni e delle mode ed è perciò altra cosa da una Zona Economica Speciale.

L’autonomia farà male al Sud e anche al Nord. Ma è già realtà

Giannola: «L’Autonomia farà male al Sud e anche al Nord. Ma è già realtà, ora discutiamo nel merito»
Il presidente Svimez conclude la Summer School di Ventotene su «Europa e Regioni. Entro una settimana il processo dell’Autonomia differenziata sarà concluso, non ha senso dunque dibattere se siamo d’accordo o meno. Il dado è tratto. Ma la riforma porrà nuovi problemi: li dobbiamo affrontare con il confronto e non con lo scontro, ovvero evitando le risse in Parlamento». L’economista Adriano Giannola conclude con una lectio magistralis di stringente attualità la Summer School dell’Associazione Per l’Europa di Ventotene presieduta dal costituzionalista Andrea Patroni Griffi. Oggi, giovedì 13 giugno, l’incontro di chiusura del corso annuale aperto a laureati, dottorandi e specializzandi. Il presidente della Svimez ricorda le sue posizioni: «Siamo stati i primi a scendere in campo non contro l’autonomia differenziata ma soprattutto contro il modo pericoloso in cui è stato portato avanti questo progetto». Lo studioso osserva poi: «Già nella Costituzione del 1947 si affrontava il tema del dualismo economico, nell’articolo 119 entrava per la prima volta la parola Mezzogiorno. Era il risultato di un lungo dibattito, di analisi profonde, come quella di Nitti, ma in quell’occasione diventa impegno costituzionale. Da allora è un dovere attuare l’unificazione economica e sociale del paese, dopo che si era compiuta quella politica. L’articolo 119 è stato poi oggetto della riforma del Titolo V del 2001, in cui invece si cancella la parola Mezzogiorno. La riforma del 2001 è stata oggetto di un referendum confermativo. Oggi possiamo scandalizzarci, ma è in vigore. Come affrontare quindi la questione? Il punto è che non c’è alcun dibattito. Ci sono le risse, ma non si discute nel merito». Italia grande malato d’Europa. L’argomento è rilevante anche in riferimento a quanto sta accadendo in Europa. «Noi potremmo essere l’elemento stabilizzatore di un sistema in fibrillazione. Invece crediamo che il problema stia nel rapporto tra nord e sud Italia, senza capire che invece è quello del posizionamento dell’Italia intera nel contesto europeo e globale». La priorità? Puntare sullo sviluppo, che è cosa ben diversa dalla coesione: «Le politiche di coesione significano mantenimento dell’esistente, sviluppo invece vuol dire intervenire per cambiare la realtà. La coesione è molto conservatrice, al di là delle apparenze. Il concetto di sviluppo è fuori moda perché è difficile cambiare la realtà, lo Stato dovrebbe prendere decisioni. Oggi invece lo Stato è arbitro e non più regista. Deve venire l’Europa con il Pnrr per invitare a cambiare le cose. E l’Italia cosa farà con i soldi del Pnrr? La manutenzione di una macchina obsoleta. Stiamo regredendo e spaccando il paese in due ed è un suicidio anche per il nord. L’Italia è il grande malato d’Europa, ma non solo il Sud. La Lombardia, l’Emilia, il Veneto hanno perso posizioni rispetto all’Europa. Si illudono di cavarsela perché attirano le migliori forze del sud, ma piano piano peggiorano anche le loro situazioni. Non si salvano alzando ponti levatoi». Cosa servirebbe allora per promuovere lo sviluppo? «Soprattutto idee, anche idee semplici: l’Italia è un paese strategico per la sua posizione al centro del Mediterraneo, ma per essere tale deve essere attrezzato con grandi hub portuali, come Rotterdam. L’Africa è il continente del futuro, bisogna saperlo. E poi è necessario l’aggiornamento energetico. Invece le politiche pubbliche puntano solo su bonus e incentivi. Ecco, il tema dell’Autonomia si innesta su un’esigenza fondamentale: mettere al centro del dibattito la terapia per il grande malato d’Europa».

Un volano per il Sud e l’ambiente

È da apprezzare la scelta del governo che ha creato un dicastero ad hoc sul mare affidato a Nello Musumeci; preoccupa però che la dispersione delle deleghe tra diversi ministeri in materia di porti, di competenza di Matteo Salvini, e di Zes, attribuita a Raffaele Fitto, non favorisca un approccio unitario al problema che invece richiede grande attenzione, visione e tempestività. Oggi 1 porti, quelli meridionali, segnatamente Gioia Tauro, Augusta, Palermo, Catania, Bari, Taranto e Napoli, sono strategici al pari se non più di Trieste e Genova, nella misura in cui l’Italia intenda riappropriarsi del rango che le spetta nel Mediterraneo. Una priorità che, se per noi è vitale, lo è sempre più per l’Europa alla luce non solo delle guerre in corso e dell’emergenza energetica, ma anche per la drastica ristrutturazione e riconversione della globalizzazione. In questa prospettiva, il fatto che l’economia meridionale contribuisca oggi solo per il 10 per cento all’export nazionale evidenzia quanto poco efficace sia ancora l’attenzione a sviluppare una rete di connessioni con la sponda sud del Mare Nostrum e- ancor di più e da decenni – la capacità di intercettare i traffici che da Suez transitano per il Mediterraneo per dirigersi alle svariate destinazioni sul continente.
Da anni la Svimez sollecita lo sviluppo dell’intermodalità marittima e ferroviaria, che, oltre a giocare un ruolo determinante per la crescita e la connessione coste-zone interne del Mezzogiorno, risulta essenziale per conferire all’Italia la sua naturale centralità logistica di area. C’è una nostra imperdonabile sottovalutazione dei tanti vantaggi competitivi che potremmo trarre grazie alla nostra posizione. Il Sud ha evidenziato ottime performance nei comparti del traffico marittimo Ro-Ro e container, dimostrando come vi sia un ampio spazio di mercato per il trasporto intermodale e combinato gomma-ferro e gomma-mare di adduzione ai porti meridionali, lungo i Corridoi intermodali marittimi costieri tirrenico e adriatico.
La riconversione modale Rafforzare questa prospettiva contribuirebbe in modo significativo a raggiungere gli obiettivi del Green Deal, che la Commissione europea ha fissato per il settore dei trasporti nella riduzione al 2030 delle emissioni di gas serra del 40 per cento per l’Europa e del 43,7 per cento per l’Italia. Raggiungere con la riconversione modale obiettivi così ambiziosi richiederebbe lo spostamento di circa 15 milioni di tonnellate di merci dall’autotrasporto al trasporto marittimo. Tali obiettivi potrebbero essere oggetto di un nuovo Piano dell’intermodalità e della logistica sostenibile da implementare a larga scala: sarebbe, al contempo, un vero e proprio Piano del lavoro, colmando il vuoto di una grande occasione mancata dal Pnrr. In quest’ottica le Autostrade del mare, in particolare lungo le dorsali tirrenica e adriatica, integrate con collegamenti ferroviari internazionali, possono rappresentare innovative modalità da rendere progressivamente sempre più sostitutive anziché complementari al trasporto stradale. Già ora il pur marginale avvio delle Autostrade del mare ha risparmiato 680mila tonnellate di CO2, equivalente all’emissione annua di una città di un milione di abitanti. E la realizzazione e trasformazione di infrastrutture portuali in piattaforme logistiche evolute, sia in termini di capacità che di servizi offerti in connessione con altri hub del Mediterraneo e con la rete di trasporti europea, è una prospettiva di importanza strategica globale. L’Italia è prima al mondo in questo settore decisivo della logistica, con oltre 250 vettori per più di 5 milioni di tonnellate di stazza. In particolare, nel trasporto passeggeri, il mercato italiano è in testa tra i paesi dell’Unione europea con poco meno di 25 milioni di persone, esclusi i crocieristi, su tratte internazionali.Ai porti del Mezzogiorno fa capo in prospettiva lo sviluppo delle reti delle Autostrade del mare, formula che ripropone in prospettiva un disegno chiarissimo che recupera l’attualità di una storica via italiana di rapporto con il mare, all’insegna non del conflitto ma di relazioni e sviluppo che ha fatto scuola nel mondo. Oggi, in un Paese a dir poco disorientato, il nostro vantaggio posizionale torna a rappresentare il prezioso fulcro sul quale far leva per riattivare al Sud quel motore meridiano, a lungo marginalizzato, più che mai indispensabile per garantire identità, rango e funzione all’Italia in Europa.

Audizione SVIMEZ sul dl liste di attesa

Si meliora dies, ut vina, poemata reddit, scire velim, chartis pretium quotus arroget annus. scriptor abhinc annos centum qui decidit, inter perfectos veteresque referri debet an inter vilis atque novos? Excludat iurgia finis, ÒEst vetus atque probus, centum qui perficit annos.Ó Quid, qui deperiit minor uno mense vel anno, inter quos referendus erit? Veteresne poetas, an quos et praesens et postera respuat aetas?
ÒIste quidem veteres inter ponetur honeste, qui vel mense brevi vel toto est iunior anno.Ó Utor permisso, caudaeque pilos ut equinae paulatim vello unum, demo etiam unum, dum cadat elusus ratione ruentis acervi, qui redit in fastos et virtutem aestimat annis miraturque nihil nisi quod Libitina sacravit. Ennius et sapines et fortis et alter Homerus, ut critici dicunt, leviter curare videtur, quo promissa cadant et somnia Pythagorea. Naevius in manibus non est et mentibus haeret paene recens? Adeo sanctum est vetus omne poema. ambigitur quotiens, uter utro sit prior, aufert Pacuvius docti famam senis Accius alti, dicitur Afrani toga convenisse Menandro, Plautus ad exemplar Siculi properare Epicharmi, vincere Caecilius gravitate, Terentius arte. Hos ediscit et hos arto stipata theatro spectat Roma potens; habet hos numeratque poetas ad nostrum tempus Livi scriptoris ab aevo. Interdum volgus rectum videt, est ubi peccat. Si veteres ita miratur laudatque poetas, ut nihil anteferat, nihil illis comparet, errat. Si quaedam nimis antique, si peraque dure dicere credit eos, ignave multa fatetur, et sapit et mecum facit et Iova iudicat aequo. Non equidem insector delendave carmina Livi esse reor, memini quae plagosum mihi parvo Orbilium dictare; sed emendata videri pulchraque et exactis minimum distantia miror. Inter quae verbum emicuit si forte decorum, et si versus paulo concinnior unus et alter, iniuste totum ducit venditque poema.  

Mezzogiorno, Industria, Europa

INDUSTRIA: INCONTRO A BARLETTA PER RICORDARE ALFREDO REICHLIN. SVIMEZ, SUD PEZZO FONDAMENTALE DELLE FILIERE PRODUTTIVE DEL PAESE. PER AFFRONTARE SFIDE GLOBALI CONTINUARE A INVESTIRE Si è tenuto il 5 luglio a Barletta l’evento “Mezzogiorno, Industria, Europa”, promosso dall’Istituto Alfredo Reichlin e SVIMEZ, in collaborazione con il Comune di Barletta e UniCredit e ha visto la partecipazione di accademici, operatori economici e istituzionali per discutere di politiche industriali italiane ed europee, filiere strategiche e ZES. Nel corso dell’incontro è emerso che il Mezzogiorno rappresenta una parte rilevante delle filiere produttive italiane, con quote che variano tra il 5% e il 20%, soprattutto nei settori della trasformazione alimentare, automotive e costruzioni. Le regioni del Sud, con specializzazioni strutturali e ad alto potenziale trasformativo, possono affrontare le sfide globali nei settori dell’agroindustria, del made in Italy, dell’automotive e dell’elettronica. Luca Bianchi, Direttore di SVIMEZ, ha sottolineato: “I dati SVIMEZ 2023 mostrano che il Sud può crescere anche più del Centro-Nord. Tra il 2019 e il 2023, la Puglia è stata la regione più dinamica d’Italia. Questo dimostra che il Sud non è un vuoto a perdere, ma un’area che, con investimenti e scelte selettive di politica industriale, presenta un potenziale di crescita. È fondamentale investire per mantenere i giovani nel territorio e vedere il Sud come una risorsa, grazie alle imprese e ai talenti presenti”. Bianchi ha aggiunto che è essenziale riflettere sulle prospettive industriali del Mezzogiorno, soprattutto nel contesto delle transizioni digitali ed ecologiche, e ha chiamato all’azione le istituzioni, il mondo della ricerca e la politica per immaginare lo sviluppo produttivo del Sud. Gian Paolo Manzella, Vicepresidente SVIMEZ, sempre a proposito di industria ha aggiunto: “In questa fase così innovativa della politica industriale europea si apre un vero e proprio cantiere amministrativo interno. Che toccherà amministrazioni e regioni. Vuol dire rafforzare gli uffici delle Regioni e dei Ministeri definire raccordi tra Stato e regioni, creare organismi tecnici specializzati su singoli temi e di valutazione su come sta funzionando la strategia. Insomma c’è molto lavoro amministrativo da fare se vogliamo cogliere le opportunità europee che ci sono. Su questo ci sarà, in linea con il suo statuto, l’impegno della Svimez”. Ferdinando Natali, Regional Manager Sud di UniCredit, ha spiegato gli impegni presi da UniCredit sul tema: “Il Mezzogiorno è un argomento fondamentale per noi. Recentemente, UniCredit ha lanciato “UniCredit per l’Italia”, un programma per le PMI di 10 miliardi di euro, di cui il 40% destinato al Sud, con fondi specifici per settori chiave come agricoltura e turismo. Non è mai stato così conveniente investire al Sud”. Nel corso del dibattito Raffaele Piemontese, Vicepresidente della Regione Puglia ha affermato: “La Puglia ha demolito il luogo comune di un Sud incapace di gestire i fondi europei. Dal 2015 ad oggi, abbiamo realizzato una politica industriale regionale tra le più articolate e di successo a livello europeo, con investimenti produttivi per 8 miliardi di euro e un impatto occupazionale significativo”. Piemontese ha aggiunto che è irricevibile l’idea di sottrarre risorse al Sud per metterlo alla pari delle regioni più ricche: “Noi sappiamo fare la nostra parte e serve mantenere unita la coesione dell’Italia”. Valeria Fascione, assessore alla Ricerca, Innovazione e Startup della Regione Campania, a commento dell’evento: “Questa iniziativa ci ha permesso di confrontarci su dati aggiornati e sull’importanza di politiche di sviluppo che uniscano capitale umano e sinergie con l’Europa. Stiamo lavorando nella direzione giusta, sia nella valorizzazione dei talenti che con progetti speciali con l’UE”. Adriano Giannola, Presidente di SVIMEZ ha aggiunto: “Nel Sud esistono filiere industriali significative. Dobbiamo valorizzare la posizione strategica del Mezzogiorno nel Mediterraneo, dotandolo di porti attrezzati e retroporti ospitali, affinché possa giocare un ruolo logistico centrale anche a livello europeo”. Ha chiuso i lavori il Presidente Istituto Reichlin Giuliano Amato ribadendo la vicinanza della Fondazione Reichlin alla città di Barletta, auspicando che la riflessione su Mezzogiorno e Industria possa diventare un appuntamento fisso anche per i prossimi anni.